Donne del 23, serata con poesie

 

Se – Mariangela Gualtieri

Se la parola amore è
uno straccio lurido,
se non ho altra lingua per dire cosa
amo, se l’anima adesso è un ingombro
e il cielo un posto come un altro
se dormiamo e dormiamo

se il mio canto è schiacciato nel cantone
se il mio canto o il tuo,
se il mio canto

se tutte le parole dei savi sono troppo
lente per questa corsa sui cocci, se anche
le bestie in quel loro morire bastonate
neppure si rivelano

se c’è una tosse se c’è una
tosse che incrosta il cielo
e poi lo sputa

se abbiamo nemici dentro le teste
e macchinette rotte

se la mano è scontrosa alla mano
scontrosa rompe l’onda e il ramo
rompe l’ala e il becco

se abbiamo salmi stonati
se le macerie sulle facce stanche
fanno il peso di tutta la storia

se poi nessuno viene
nessuno s’alza dal fradicio delle tombe
a consegnarci un grappolo, una tazza
un giuramento alla luce
se se se

se c’è una sete che ci ammala
se c’è un sorso per chi ha sete
se davvero davvero muove il sole
se muove il sole e l’altre stelle
se la sua gran potenza, sua gran
potenza d’antico Amor,
se il nostro cuore è immenso
se il nostro cuore
talvolta è immenso, se le
stelle nascono, se è vero che nascono
anche adesso, se siamo polverine allo
sbaraglio, catenelle smagliate,

benedico ogni centimetro d’Amore ogni
minima scheggia d’Amore
ogni venatura o mulinello d’Amore
ogni tavolo e letto d’Amore

l’Amore benedico
che d’ognuno di noi alla catena
fa carne che risplende

Amore che sei il mio destino
insegnami che tutto fallir�
se non mi inchino alla tua benedizione.

**

Sii dolce con me. Sii gentile.
da “Bestia di gioia” – Mariangela Gualtieri

Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci –
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. nei libri.

**

Mandala o della seduzione – Dandi Kitsch

Mi sento dentro a una gabbia quando mi rendo conto del
bisogno di essere una dimensione, una espressione di me:
la bellezza, la giovinezza, la magrezza, ora e sempre. E se
cambio ecco che non sono più io. Mi sento dentro a una
gabbia quando provo piacere una volta e non riesco più a
rinunciarvi. Sentire che ne ho bisogno di intensità sempre
maggiori. Mi sento dentro a una gabbia quando penso il
tempo come una freccia scoccata che disegna l’arco e
dopo l’ascesa solo l’inevitabile declino. Mi sento dentro a
una gabbia quando sento il bisogno di assolutizzare un
pensiero, sedotta da una immagine di me dell’altro del
mondo. Mi sento dentro a una gabbia quando sento
l’aspirazione a voler essere migliore.
Vorrei una pausa.
Un divenire che mi facesse prendere fiato. Cominciando e
ricominciando. Dentro l’atto creativo.

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A Silvia (troppo facile) – Antonella Del Zanna

Voglio scrivere un pensiero divertente
Per la nostra amata Silvia intelligente
Piena di una forza trascendente

Di una giornata riesce a farne tre
Anche se si pone dei perché.
Il suo impeto proviene sai da che?

Sentimento grande e appassionato
Riversa nel suo mondo sublimato
Senza mai il concreto trascurato

Prendi ad esempio ‘sto raduno,
che di uomini ce n’è nemmeno uno,
ogni seppur minima minuzia
da lei congegnata con arguzia.

Alla mia amica questa sera sono grata
‘che oggi, ogni fatica superata,
ha il merito di avermi infin stanata.

Con affetto. A. Del Zanna

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Donna – Umberto Saba

Quand’eri
giovinetta pungevi
come una mora di macchia. Anche il piede
t’era un’ arma, o selvaggia.

Eri difficile a prendere.
Ancora
giovane, ancora
sei bella. I segni
degli anni, quelli del dolore, legano
l’anime nostre, una ne fanno. E dietro
i capelli nerissimi che avvolgo
alle mie dita, più non temo il piccolo
bianco puntuto orecchio demoniaco.

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Cercasi – Vivian Lamarque

Cercasi casa
Cercasi casa con sole
Con sole fin dal mattino
Casa con dentro un bambino
Con madre con  padre
Secondo te a chi assomiglia
Cercasi casa
Con dentro famiglia

**

Trasloco – Vivian Lamarque

Cercasi casa con luce forte
Cosí quando viene la Morte
Quando la Morte viene forse
Si spaventa e torna indietro
Indietro per almeno di vita
Ancora un poco
Prima dell’ultimo trasloco.

(Anzi traslocheremo ancora
Da terra a fiore: io per me
Scelgo una margherita
Come casanuova
In una vitanuova)

Raccolta di alcune poesie lette in occasione dell’incontro “Poesie da salvare” (23 Gennaio 2014, Casa internazionale delle donne)

La gronda – F. Fortini

Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda
in un casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegoli. Fondini vi sostano
qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce la trave marcita
non la spezzano ancora.

Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.

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Epigrammata 20 – Ausonius

Uxor vivamus ut viximus, et teneamus
Nomina quae primo sumpsimus in thalamo,
nec ferat ulla dies ut commutemur in aevo,
quin tibi sim iuvenis tuque puella mihi.
Nestore sim quamvis provectior aemulaque annis
vincas Cumanam tu quoque Deiphoben,
nos ignoremus quid sit matura senectus.
Scirea evi meritum, non numerare decet.

(nella gentile traduzione di A.):

Moglie mia cara,
viviamo come siamo vissuti
e manteniamo tra noi i dolci nomi
che la prima notte d’amore
ci siamo dati.
Mai nessun giorno
Faccia sì che, per l’età, noi cambiamo:
che io sia sempre giovane per te,
e tu, per me, fanciulla.
Per quanto io sia
Più di Nestore vecchio,
e tu per gli anni vinca
la Cumana Deifobe
dimentichiamo l’età matura,
è giusto conoscere il bello degli anni
ma non contarli.

**

Taci, anima stanca di godere – in “Pianissimo”, di C. Sbarbaro

Taci, anima stanca di godere
e di soffrire (all’uno e all’altro vai
rassegnata).
Nessuna voce tua odo se ascolto:
non di rimpianto per la miserabile
giovinezza, non d’ira o di speranza,
e neppure di tedia.
Giaci come
il corpo, ammutolita, tutta piena
d’una rassegnazione disperata.
Non ci stupiremmo,
non è vero, mai anima, se il cuore
si fermasse, sospeso se ci fosse
il fiato…
Invece camminiamo,
camminiamo io e te come sonnambuli.
E gli alberi sono alberi, le case
sono case, le donne
che passano son donne, e tutto è quello
che è, soltanto quel che è.
La vicenda di gioia e di dolore
non ci tocca. Perduto ha la voce
la sirena del mondo, e il mondo è un grande
deserto.
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.

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